Miriam Cividalli

Miriam Cividalli Canarutto

testi per il laboratorio di poesia "Semicerchio"

autunno 2009 

***

Di un orologio a cucù

portato dal vento il richiamo

e, sul pavimento a losanghe,

balza dal tavolo il gatto,

odore di muffa e di cera,

i rami in cucina, la sala

solenne in penombra

in Borgo Leoni: la casa

dei nonni. Ho il permesso

di dare la carica

all’orologio a cucù.

***

Le sagome degli alberi

nella notte sprofondano.

Chiudere gli occhi, dormire,

dimenticare – all’alba

il canto dei merli mi risveglierebbe.

Non te, Davide. Di terra

sopra di te

manciate

oggi.

***

E piove. Sotto i portici

l’ombrello rosso inseguono

(gregge discinto) i turisti.

Si scontrano, si incontrano

cittadini frettolosi.

E piove. Sotto i portici

note lievi di violino.

Il vecchio - decoroso

il vestire – a spargere

melodia continua.

Nel berretto ai piedi

una solitaria moneta.

***

Lento lento lungo

su per la via angusta

il funerale. Donne

vestite di nero

di nero velate.

Preghiere, lamenti.

Al paese in licenza.

In città sceso, proprio

quel giorno, il giorno

del bombardamento.

e gli ultimi in coda

quietamente conversano.

(1943)

***

In sala d’attesa.

Barelle, tute verdi

bianche.

Ventiquattro

per dieci le piastrelle

del pavimento e

la porta resta chiusa

foglie polverose

- forse son di plastica -

la porta resta chiusa

le lancette lente

una calza smagliata

lo sguardo avvinto

ormai

a quella porta chiusa.

***

Invisibili fili muovono

i tuoi passi. Spenta la fiamma.

Sulle barricate all’assalto

del tuo futuro, alla conquista

di nuovi traguardi (perenne

la sfida) io te rivedo. Sempre.

Il tempo, i suoi inganni.

***

La vecchia

accosciata sul marciapiede

perentorio bicchiere di plastica

il barbone

cumulo di stracci

sotto il cavalcavia

la bambina

querula questuante

al semaforo rosso

il cencio

arrogante del lavavetri

il carrello

colmo di cianfrusaglie

di quella che parla da sola

l’altra città

impossibile dimenticarla.

***

Precipita. Come precipita.

Lo scaldino, il barroccio,

la lettera trentatré:

preistoria. Il pensiero

si attorciglia sgomento

.

Falena, contro la barriera

di questo mondo virtuale

sbatto: aliena.

2009

***

Casa. Mia casa.

La credenza capace, ieri

alle bambine preclusa,

lo scrittoio di fattoria,

il candelabro

dei genitori sposi,

la poltrona del nonno.

Suppellettili amiche.

I figli

comprano all’ IKEA.

***

Semaforo rosso.

Si affianca.

- Brutta! Vecchia!-

Non la conosco.

Rido, ma

malnata gioventù

perché rido?